Pensiero Nuovo

settembre 12th, 2014
L’impresa tossica

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Da settimane pensiero nuovo si occupa degli argomenti più disparati tentando di stimolare alcune riflessioni.
Tuttavia, il motivo principale per cui è “nato” è riferibile all’esigenza di diffondere una nuova teoria economica denominata Macroeconomia Sociale di Mercato.
Per introdurre quest’ultima e descriverne l’essenza ideologica ed operativa, è necessario individuare, primariamente, le cause che hanno favorito la degenerazione del sistema liberale.
Avendo già discusso la questione del debito pubblico, nonché la nozione di azzardo morale (cui si rimanda), in questo articolo sarà affrontato il tema dell’IMPRESA TOSSICA, di come, cioè, la “globalizzazione selvaggia” ha trasformato un fattore di ricchezza in elemento d’instabilità sociale.
Cominciamo, dunque, col tracciare le caratteristiche principali dell’impresa contemporanea utilizzando una serie di proposizioni che, in via esemplificativa, descrivono la realtà.
In primo luogo, si definisce Valore Aggiunto la differenza tra i ricavi ed i costi di produzione. Esso rappresenta, a grandi linee, la fonte di retribuzione per i dipendenti e per l’imprenditore.
Tuttavia, a causa della concorrenza cinese e delle “nazioni emergenti”, questo margine è stato compresso sino a livelli insostenibili decretando il fallimento di centinaia d’imprese.
Quelle sopravvissute, invece, si sono viste costrette a tagliare tutti i principali costi di produzione (comprimendo a loro volta i ricavi di altre imprese).
Inoltre, fatto ancor più preoccupante, l’esigenza di competitività ha indotto drastici tagli al costo del lavoro che, assecondati da provvedimenti normativi finalizzati ad una maggiore “flessibilità”, hanno generato la “speculazione sociale”.
Con questo termine, la nuova teoria economica identifica, insieme alla speculazione sul prezzo ed a quella da domanda, i fattori scatenanti della crisi economica, contrariamente a quanto generalmente sostenuto.
Evitando di dilungarmi oltre su argomenti che saranno affrontati successivamente, vorrei richiamare l’attenzione del lettore, nuovamente, sul concetto appena espresso:
la feroce concorrenza internazionale ha imposto una repentina contrazione dei prezzi causando il crollo del Valore Aggiunto (ricchezza prodotta dall’impresa).
La necessaria razionalizzazione dei costi ha dato luogo alla “speculazione sociale”, ovvero alla costante contrattazione al ribasso di stipendi e diritti dei lavoratori.
Quest’ultima ha ridotto nuovamente i consumi ripercuotendosi negativamente, come un boomerang, sull’equilibrio d’impresa.
Purtroppo c’è dell’altro:
il calo dei margini di guadagno ha costretto gli imprenditori ad aumentare le produzioni per mantenere il profitto inalterato: chi è stato “costretto dal mercato” a vendere lavatrici alla metà del prezzo originario, ha dovuto raddoppiare le quantità vendute per mantenere inalterato l’utile.
Questa scelta obbligata ha determinato:

- Un maggior indebitamento aziendale causato dalla necessità di finanziare fatturati crescenti.
- Una rapida saturazione dei mercati che ha stressato nuovamente i margini d’impresa.
- Una crescente produttività del fattore lavoro che, in assenza di nuove assunzioni, ha provocato nuovi cali dei consumi per mancanza di tempo libero.
- Il peggioramento delle tempistiche di pagamento (aumento del rischio di credito).

Per comprendere meglio quanto esposto si riportano, in maniera esemplificativa, le principali grandezze di un’impresa tossica con 28 dipendenti, attiva nel settore della commercializzazione di prodotti tecnologici:

STATO PATRIMONIALE

Attivo……………Passivo……………Mezzi propri
€ 5.103.000……….€ 4.569.000………..€ 534.000

CONTO ECONOMICO

Ricavi…………………..€.33.170.000 +
Costi di produzione……€.32.486.000 -
VALORE AGGIUNTO……€…..684.000 = 0.02% del fatturato
Retribuzioni Dipendenti.€…..646.000 =94% del Valore Aggiunto
Utile dell’imprenditore.€……..38.000 =..6% del Valore Aggiunto

Da tale prospetto derivano le seguenti considerazioni:

1) Per ogni 100 euro incassati, 2 soltanto sono destinati alla remunerazione del capitale umano.
Le retribuzioni medie dei dipendenti sono pari a circa € 1.000 mensili.
Inoltre, tenuto conto dei rischi sostenuti, appare insoddisfacente persino il profitto dell’imprenditore, che si aggira intorno ai 3.000 euro mensili.
2) Per ogni 100 euro investiti, 90 sono presi in prestito.
Ciò comporta un’elevata pericolosità sistemica dell’azienda in esame: per l’imprenditore, infatti, diventa più conveniente fallire che saldare i debiti (azzardo morale) trascinando con sé altri attori economici nei cosiddetti fallimenti a catena.
3) Si determina una notevole saturazione del mercato che viene inondato da prodotti di consumo, per un controvalore di ben 33.000.000 milioni di euro circa, in corrispondenza, per contro, di scarsi livelli occupazionali e reddituali.
4) bassi margini di guadagno, saturazione dei mercati, elevata competitività, indebitamento fuori controllo, rappresentano i fattori di rischio dell’impresa tossica rendendola particolarmente vulnerabile a qualunque sollecitazione esterna (aumento delle imposte, calo del Pil, peggioramento dei termini d’incasso, insolvenza di un cliente, aumento dei tassi d’interesse).

Alla luce di quanto affermato, dunque, appare evidente l’insussistenza di alcune argomentazioni che, da troppo tempo, sono alla base di provvedimenti e dibattiti finalizzati al rilancio economico della nazione:

1) La cosiddetta “stretta creditizia delle banche”, sebbene ancora in atto, non può rappresentare, in alcun modo, il problema di fondo per le nostre imprese.
Al contrario, dato l’insostenibile livello d’indebitamento, foriero di distorsioni e di crescente instabilità sistemica, sarebbe opportuno prevedere espedienti normativi finalizzati ad una ricapitalizzazione delle aziende, con denaro proprio, tesa:
- al contrasto dell’azzardo morale dell’imprenditore;
- a garantire maggiore solvibilità di tutta la “filiera produttiva”.
2) La continua precarizzazione del lavoro, oltre a non assicurare competitività sui mercati internazionali dominati dai “paesi emergenti”, getta le premesse per un continuo ed inarrestabile tracollo della domanda interna, unica “ciambella di salvataggio” in un contesto di “globalizzazione selvaggia”.
3) La costante ricerca della produttività comporta la veloce saturazione dei mercati, con ripercussioni gravissime sui già risicati margini di guadagno e sulla stabilizzazione economica.

Diviene, pertanto, indispensabile ricondurre l’impresa tossica nell’alveo di quel “bene sociale primario”, tutelato finanche dalla costituzione, che si sviluppa secondo modelli di crescita sostenibili imperniati, proprio perché tali, sulla riduzione del debito, minor produttività, migliori margini di guadagno e maggiore longevità.
Il tutto può essere realizzato solo con l’adozione di una riforma fiscale, secondo le modalità oggetto di prossimi interventi, che renda CONVENIENTE per qualunque soggetto economico abbandonare le perverse ed autodistruttive scorciatoie del sistema liberale moderno.

Massimiliano Miceli

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2 thoughts on “L’impresa tossica

  1. Ritengo che il quadro economico sociale da Lei rappresentato, rispecchi fedelmente una realtà marcia e malata, degradata da una crescente incompetenza dei personaggi politici che stanno distruggendo la Nostra Nazione fondata dai Nostri avi con spirito di sacrificio e sudore.
    Ha ragione, e’ tempo di reagire, ma come? Le banche continuano a prendere soldi dalla BCE e anzichè immetterli sul mercato, finanziando progetti concreti di giovani brillanti laureati e non, li “giocano in borsa”, aggiustando bilanci di sempre più dubbio valore.
    Dobbiamo rassegnarci alla concorrenza cinese, bisogna cambiare strategia, bisogna puntare seriamente su quelli che sono i Nostri veri punti di forza : Turismo, Energia rinnovabile, Ricerca e Innovazione!!!!!
    Inoltre, anzichè dare pochi spiccioli in busta paga, finanziamo seriamente le famiglie che fanno figli, con delle vere e proprie pensioni per ciascun figlio fino al compimento della maggiore età.
    E’ vero, la rinascita del Paese DEVE incorporare la Felicità sociale,come da Lei descritto, riduzione delle ore lavorative con conseguente aumento del tempo libero.
    La riduzione della disoccupazione può anche arrivare da un cambiamento radicale delle Nostre abitudini, Apertura delle fabbriche 24 ore su 24, lavoro su turni e conseguente apertura dei negozi commerciali H 24 .
    E’ tempo di reagire, rimboccarsi le maniche e Riconvertire questa Nostra Nazione che è la più bella del Mondo!!!!!

    • Superfluo dire che ritengo le sue considerazioni tanto esatte quanto purtroppo distanti dalle pseudo teorie di di sedicenti economisti e politici.
      E’ TEMPO DI REAGIRE, ognuno nel suo piccolo, prendendo le distanze da un sistema di potere corrotto e da una visione del mondo per “automi”. Lasciamo le televisioni spente, andiamo a votare (non importa chi ma facciamolo) per rendere più difficile il condizionamento della politica con il voto di scambio. Ghettizziamo gli italioti che della furbizia e dell’espediente hanno fatto una scelta di vita ed abbandoniamo, una volta per tutte, ogni complesso di sudditanza psicologica nei confronti di una classe dirigente fallimentare.
      Moderiamo la dimensione individuale per “riscoprire” quella collettiva e procedere, tutti uniti, verso il CAMBIAMENTO.

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