Pensiero Nuovo

maggio 14th, 2014
Il Tempo Libero

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Anche quest’anno il primo maggio ha lasciato dietro di sé un carico di frustrazione e disperazione alimentate da parte di chi non l’ha potuto festeggiare.
Tuttavia, anche tra i lavoratori non abbonda l’entusiasmo: la competizione economica, affidata ad un mercato senza regole, impone a tutti una maggiore produttività, fonte di crescente precarietà.
Lavorare tanto con scarse tutele sembrerebbe l’unico futuro percorribile. Eppure la “sofferenza economica” degli ultimi anni non deriva dall’insufficienza produttiva; la conferma a quanto sostenuto, è testimoniata dell’entità “dell’invenduto” presente in qualunque attività economica. D’altronde lo sviluppo tecnologico e la manodopera a basso costo delle nazioni emergenti o di quelle in via di sviluppo garantiscono una costante sovrapproduzione. Dunque il problema non è “lavorare di più”, come bugiardamente ci raccontano, ma rinunciare alle tutele acquisite per “competere” con chi di diritti non ne ha mai avuti!
Questa contrattazione al ribasso incide sulla contrazione dei consumi la cui giustificazione non può essere, esclusivamente, di natura economica. Oltre al reddito, infatti, bisogna tener conto delle aspettative sul futuro funestate, da più di un decennio, dalla precarizzazione dei contratti e dalla mortificazione dei diritti, perpetrata anche dal governo Renzi.
Inoltre la propensione alla spesa viene penalizzata in nome della “produttività” che , spesso, impone prestazioni lavorative nei giorni festivi. Andrebbe compreso, invece, che un lavoratore è, prima di ogni altra cosa, un consumatore perché il dipendente di un’impresa è cliente di altre.
I consumi, dunque, condizionati dalle possibilità (reddito), dalla percezione del futuro (aspettative) e dal TEMPO LIBERO, vengono sacrificati in nome della “globalizzazione” senza ottenere, in cambio, vantaggi competitivi apprezzabili. Se, come evidente, sui mercati internazionali i popoli di “schiavi” sono irraggiungibili, sarebbe opportuno stimolare la “domanda interna” con l’aumento delle retribuzioni, la tutela dei diritti, l’imposizione di orari di lavoro sostenibili; del resto, se “tutti” lavorano chi volete che consumi?
Ripromettendomi di affrontare, in seguito, le modalità con cui incentivare tali presupposti grazie al “pilastro fiscale” della Macroeconomia Sociale di Mercato, mi limiterò, in questa sede, all’esposizione di una precisa proposta, finalizzata all’aumento del “tempo libero” sottolineando l’importanza del fattore tecnologico finora utilizzato impropriamente: lo sviluppo nel settore dei trasporti ha portato ad un aumento esponenziale delle distanze dai luoghi di lavoro con la conseguente congestione delle arterie stradali. Le “serpentine di acciaio” , ormai, rappresentano un costo insostenibile (ed anche tra i più imbarazzanti) che a quello ambientale somma quello, ben più preoccupante, delle “ore perse” negli spostamenti.
Eppure, buona parte delle attività lavorative, specie nel settore dei servizi, potrebbero essere surrogate dal “telelavoro”.
Basterebbe una connessione alla rete, un pc ed una linea telefonica per poter svolgere buona parte delle proprie mansioni da un luogo qualunque, persino da casa.
Ne deriverebbe un grande risparmio per il datore che avrebbe la possibilità di “snellire” le strutture aziendali e, nel contempo, di beneficiare di un sistema di valutazione delle risorse più efficiente in quanto basato sulla comparazione di dati oggettivi. Venendo a ridursi il condizionamento emotivo della “relazione”, fattore spesso fuorviante nella gestione del capitale umano, la performance di ogni dipendente sarebbe misurata, solo ed esclusivamente, in termini di output prodotto come già avviene, ad esempio, in tutti i settori remunerati “a provvigioni”.
D’altro canto la soddisfazione del lavoratore, derivante dall’incremento del tempo libero e dalla riduzione dei livelli di stress, congiuntamente ad una prestazione che, per quanto detto in precedenza, verrebbe stimata e confrontata in base al RISULTATO conseguito a prescindere dalla durata della medesima, sarebbe di ulteriore stimolo alla produttività.
Inoltre, il risparmio sui costi di trasporto, associato ad alcune riforme, già esposte, per contenere la spesa pubblica e di conseguenza il carico IRPEF sulla “busta paga”, garantirebbe un aumento indiretto delle retribuzioni incentivando la spesa pro capite.
D’altronde, in un futuro non molto lontano, tutto sarà automatizzato: l’intelligenza artificiale, destinata a sostituire l’uomo in ogni campo (o quasi), sposterà, gradualmente, l’interesse economico verso la dimensione “consumistica” rispetto a quella produttiva.
Comunque sia, al di la di considerazioni su un futuro remoto, in quello prossimo sarebbe auspicabile tendere ad un’organizzazione del lavoro improntata all’ottimizzazione del tempo .
Proprio per questo motivo, dunque, andrebbe incoraggiato un rapporto fiduciario tra datore e dipendente che, fondato su un’autonomia finalizzata al raggiungimento di OBIETTIVI, garantirebbe soddisfazione reciproca con effetti positivi su tutta l’economia.

Massimiliano Miceli

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