Pensiero Nuovo

aprile 5th, 2020
Recovery Italia

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Nel 2014 veniva pubblicato un articolo che auspicava l’utilizzo del telelavoro su scala nazionale.
L’anno precedente si era denunciata l’insostenibilità del debito pubblico avanzando proposte volte ad una durevole riduzione.
Tra i primi interventi su questo blog, invece, veniva stigmatizzata l’attuale “prassi economica” che, immutabile da oltre cinquant’anni, avrebbe, prima o poi, imposto uno “storico cambio di passo“.
L’insieme di queste considerazioni, arricchite alla drammatica attualità, hanno portato all’elaborazione di alcuni spunti che rappresentano la struttura di una strategia anti-pandemica che consenta all’Italia di superare l’attuale (e le future) emergenze sanitarie mediante la riconversione di un economia di mercato aperta in una sorta di autarchia.
Il discorso, nel caso Italiano, deve altresì tener conto del debito pubblico la cui ulteriore dilatazione potrebbe portare a conseguenze ben più critiche.
Il piano di recovery prevede una serie di misure straordinarie a tutela delle attività di primaria importanza ed un piano di aiuti per il resto della collettività costretta a fermarsi per rispettare gli obblighi di quarantena. Offre alcuni suggerimenti per contenere gli effetti di tali misure sulla finanza pubblica ed, infine, uno spunto operativo sui mercati per cogliere possibili opportunità.

Buona lettura.

1. Situazione macroeconomica e possibili scenari

La crisi scoppiata a seguito della diffusione della pandemia da covid 19, che durerà a fasi alterne per i prossimi 12/18 mesi, segue quella, mai sopita, del 2008 e può portare, così come avvenuto durante la grande depressione o negli anni dello shock petrolifero all’indomani della guerra del Kippur, ad una rapido collasso del sistema liberale.
Quest’ultimo ha in sé il vizio, che se non controllato a dovere, è la causa prima delle cicliche crisi sistemiche brevemente ricordate: la massimizzazione del profitto produce strategie conflittuali che, in presenza di circostanze eccezionali, possono essere autodistruttive. Non a caso i numeri ottimistici sul contagio diffusi dalla Cina, causa prima di una globale sottovalutazione del problema, le fantomatiche teorie sull’immunità di gregge del mondo alngosassone, per non parlare della futura corsa alla “riapertura” delle fabbriche e delle città, rappresentano le conseguenze di una politica internazionale NON COLLABORATIVA perché condizionata dall’escalation di comportamenti finalizzati al soddisfacimento dell’interesse individuale rispetto a quelli di gruppo.
Se a ciò aggiungiamo l’ampliamento del debito pubblico prima, la “guerra commerciale” a suon di dazi poi, passando per la prolungata espansione della base monetaria ad opera di tutte le banche centrali, avremo l’ulteriore conferma in merito all’impossibilità di mantenere l’equilibrio economico, persino nel breve periodo.
Pertanto l’attuale crisi, così come tutte quelle sistemiche, andrebbero gestite sul piano internazionale attraverso meccanismi di coordinamento tra stati che andrebbero a sostituirsi alle logiche di mercato fintanto che durano le circostanze eccezionali.
In attesa che tale utopia si realizzi bisogna considerare che l’Italia, più di altri, offre il fianco alle turbolenze internazionali derivanti da shock simmetrici ed asimmetrici a causa del suo elevato debito pubblico il cui ripianamento, a seguito del blocco/rallentamento produttivo in atto può divenire (pericolosamente) poco credibile.
Ciò può portare, nell’immediato, ad una revisione del rating sul debito sovrano che lo spingerebbe nell’area “junk” e dunque non più sostenibile dal quantitative easing della bce.
Tale ipotesi, tutt’altro che suggestiva, appare verosimile anche alla luce della seguente considerazione: gli Stati Uniti d’America vivono una difficoltà epocale che può privarli della “supremazia del dollaro”: La pesante flessione del commercio internazionale, il crollo il petrolio e l’acuirsi di tensioni internazionali potrebbe sfociare in un inesorabile deprezzamento del biglietto verde che, unito al calo delle esportazioni, all’aumento del debito pubblico federale, ed alle politiche ultra espansive della Fed, ridimensionerebbe il peso del biglietto verde nelle transazioni internazionali.
Da ciò il pericolo che, come già accaduto nel 2008 all’indomani del fallimento di Leman Brother, le agenzie di rating possano rappresentare un formidabile arma di distrazione di massa, procedendo ad una raffica di downgrade “oltreoceano” che potrebbero colpire duro la periferia d’Europa.
Se ciò accadesse, l’Italia si avvierebbe verso un drammatico commissariamento della troika che attraverso l’utilizzo del MES darebbe il via ad un depauperamento della ricchezza nazionale senza precedenti e ad un sostanziale ridimensionamento della sovranità, sulla falsa riga di ciò che è avvenuto in Grecia.
Al fine di evitare ciò è indispensabile procedere ad un consolidamento del nostro debito pubblico sui mercati aumentando, il più possibile, la durata media delle nostre obbligazioni (attualmente 7 anni). Ciò sarebbe abbastanza facile da realizzare grazie alle dinamiche dei tassi d’interesse, assolutamente di favore, ed al sostengo (per ora) della banca centrale.
Tale dilazionamento dovrebbe essere implementato da una riduzione epocale del debito pubblico grazie a due riforme che assicurerebbero, nell’immediato, una maggior fiducia degli investitori, scongiurando possibili declassamenti di rating, ed, in un futuro prossimo, la piena sostenibilità della finanza pubblica:
a) La riforma del sistema sanitario, da sottrarre a dinamiche locali che hanno dimostrato tutto il loro limite a seguito dell’emergenza in atto, dovrebbe fare perno sull’industria assicurativa che in corrispondenza di un premio pagato dallo stato e dal datore di lavoro (come già avviene nel settore bancario ad esempio) garantirebbe l’erogazione del servizio contraendo i costi della sanità: la determinazione di un premio al rischio (necessità di un posto letto/prestazione sanitaria) avverrebbe in regime di libera concorrenza delle imprese assicurative e assesterebbe un duro colpo alla spesa sanitaria improduttiva. Inoltre la compressione dell’alea di rischio, indotta dall’aumento della numerosità campionaria degli assicurati (che verrebbe a coincidere con l’intera popolazione italiana), garantirebbe una l’ottimizzazione delle risorse del SSN e tariffe per prestazioni e servizi vicine ad un “costo politico”.
b) la riforma del titolo V dovrebbe prevedere l’accorpamento dei comuni in comprensori di almeno 50.000 abitanti e l’eliminazione di regioni e province, così come delle società partecipate.
Queste ultime potrebbero liquidarsi in un orizzonte temporale di 2 / 3 anni al fine di ripianarne l’esposizione debitoria con gli introiti e con i risparmi fiscali derivanti da tali accorpamenti.
Quanto al personale (impiegati e funzionari) si procederebbe ad un reimpiego verso gli enti pubblici rimasti, primi tra tutti i comuni, che dovrebbero gestire nuove competenze e servizi.
La riforma delle autonomie locali dovrebbe infine cancellare l’autonomia fiscale per evitare la decuplicazione della spesa pubblica condizionata da logiche clientelari e restituire una realtà comunale chiamata ad amministrare, sulla base di un costo medio standard, trasferimenti statali assegnati per ogni capitolo di spesa.

2. Economia binaria e strategie di recovery

Messa in sicurezza la finanza pubblica, e conseguentemente il sistema bancario (imbottito di BTP), dovrebbe realizzarsi una strategia di recovery da covid 19 (e situazioni similari) mediante l’utilizzo di un doppio “binario economico/sociale” , così suddiviso:
a) Attività essenziali che non possono interrompere la loro opera.
Per quest’ultime c’è poco da dire se non che continuerebbero la loro attività rispettando tutti gli accorgimenti al fine di contenere l’infezione demandando, laddove possibile, il prosieguo delle attività mediante lo strumento dello smart working.
In aggiunta sarebbe auspicabile l’organizzazione di turnazione, di almeno 14 gg, del personale addetto alle filiere produttive.
Ciò al fine di contenere eventuali quarantene, a seguito del riscontro di possibili contagiati, a singoli turni di lavoro; non già a tutto il personale di un determinato reparto.
Lo Stato dovrebbe identificare, altresì, le industrie strategiche alle quali dovrebbero applicarsi disposizioni severissime di seguito sinteticamente descritte:
- divieto di scalate ostili o di cessione di pacchetti azionari di controllo per aziende non quotate.
- precettazione delle esportazioni di materiale, in prevalenze sanitario, ritenuto strategico.
b) attività non essenziali, non gestibili in smart working da sospendere mediante i seguenti provvedimenti:
- Utilizzo di un sussidio rivolto a tutti, a prescindere dalla categoria professionale, calcolato in relazione al nucleo familiare che consenta di garantire la sola spesa alimentare e farmacologica.
- Esenzione fiscale, assicurativa, contributiva in luogo del mero rinvio.
Esenzione dal pagamento delle utenze e dal canone di locazione, sia per privati che per le aziende (la rendita immobiliare verrebbe sospesa e sostituita dal sussidio da corrispondere al locatore)

Cancellando i costi fissi di ogni attività (sia diretti che indiretti) e garantendo la fonte di sostentamento, si garantirebbe la necessaria tranquillità sociale, preservando, nel contempo, tutte le attività economiche che verrebbero “congelate” sino alla fine dell’emergenza.
Il costo del sussidio di sostentamento calcolato a valori medi, in relazione ai nuclei familiari, potrebbe quantificarsi in 1,5/2 mld mensili, buona parte dei quali compensati dal mancato utilizzo di altri strumenti previsti in tempi “ordinari”: cassa integrazione guadagni, reddito di cittadinanza, ecc
In sostanza la popolazione costretta dagli eventi alla quarantena domestica, privata dalle fonti di entrata, vedrebbe il proprio bilancio familiare restringersi a due sole poste: spesa essenziale e sussidio.

3. Mercati finanziari.

Le attuali dinamiche finanziarie esprimono le preoccupazioni degli investitori, ben visibili dall’andamento di due importanti assets: l’oro, in quanto bene rifugio, ritocca costantemente i suoi massimi storici mentre il petrolio, dato il blocco della produzione mondiale, ha subito un tracollo drammatico.
Al di la di analisi tecniche / fondamentali, l’andamento dei prezzi è condizionato da una crisi i cui effetti cesseranno in un momento ben preciso: la scoperta di un vaccino.
I prezzi ritorneranno ai livelli pre-crisi, assegnando al barile un prezzo target di 55 dollari al barile.
Ciò potrebbe rappresentare un’interessante opportunità di copertura dei piani a sostegno dell’economia attraverso una contenuta dismissione di riserve auree nazionali, per 10/15 mld di euro, e la contestuale compravendita di barili di greggio.
Ciò potrebbe sollecitarsi anche nei confronti dei distributori nazionali che con incentivi fiscali potrebbero essere indotti ad effettuare approvvigionamenti consistenti. In contropartita lo stato vincolerebbe il prezzo degli idrocarburi, a livelli eccezionalmente bassi, per i prossimi 2/3 anni garantendo il necessario sprint all’economia italiana quando potrà ripartire appieno.

Massimiliano Miceli

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