Pensiero Nuovo

ottobre 30th, 2014
I nuovi sudditi

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Qualche settimana fa è stata diffusa la seguente notizia, archiviata velocemente nell’indifferenza generale: per la prima volta dagli anni 50, l’Italia ha registrato un calo dell’inflazione.
In generale è bene precisare che il pericolo della deflazione (calo dei prezzi) è quanto mai generalizzato su scala globale.
Tralasciando le interpretazioni del caso, fornite da una dottrina economica ormai obsoleta, vorrei focalizzare l’attenzione su alcuni punti, partendo da un postulato fondamentale:
Il lavoro è l’unica fonte di ricchezza poiché, come facilmente confutabile, ogni forma di sviluppo sarebbe impensabile senza la produzione di beni e servizi.
Vi sono, poi, alcuni “espedienti tipografici” che possono aiutare l’economia reale:
L’emissione di titoli di stato, per esempio, permette il reperimento di risorse che, se diligentemente utilizzate, alimentano la crescita.
Anche l’immissione di denaro nel circuito economico garantisce maggiore liquidità e crea le premesse per una moltiplicazione del “valore”.
Dunque, la “carta stampata” dallo stato o da una banca centrale rappresenta un DEBITO (certo) che può aumentare la ricchezza; in caso contrario, ovvero nell’ipotesi in cui non generi un miglioramento dell’economia reale, diviene un COSTO che, oltre a non aver creato lavoro, distrugge quello esistente.
La cronaca di questi anni ha evidenziato in che misura l’insostenibilità del debito dipende da una crescita della “carta” superiore a quella economica
Da quanto premesso derivano alcune considerazioni :

1) Debito e moneta sono subalterni al lavoro: rappresentano cioè “strumenti contabili” nelle mani dei governi e delle banche centrali per assistere l’economia reale.
Se le scelte d’indebitamento sono profittevoli, creano lavoro che ripagherà, agevolmente, quanto preso in prestito; al contrario, nel caso in cui siano errate, portano ad una distruzione di ricchezza, determinata dall’aumento della pressione fiscale (o della contrazione della spesa pubblica) volta al ripianamento del debito.

2) Trattandosi di “espedienti temporanei”, che hanno un costo per la collettività, devono essere gestiti da organi elettivi:
è scandaloso, pertanto, delegare le politiche monetarie ad un bureau di banchieri o sottoporre quelle di bilancio all’approvazione di burocrati (non eletti) di organismi transnazionali.

3) Il contenimento in misura pari al 3% del disavanzo corrente, sancito dal patto di stabilità europeo, è norma priva di significato e giudizio perché prescinde dall’analisi degli obiettivi da raggiungere:
Spendere più di quanto si guadagni, ad esempio, è circostanza comprensibile nel caso in cui si vogliano finanziare degli investimenti che, proprio perché tali, ripagano (da soli) l’esborso iniziale; così come ha senso sostenere l’economia in fasi recessive, ampliando il debito, per proteggere la ricchezza che una nazione ha accumulato nel corso degli anni.
Ciò che non è ben chiaro, invece, è perché mai esista una “regola” che consente di fare “deficit” a prescindere dallo scopo, di sperperare, come spesso avviene, risorse pubbliche per fini elettorali/clientelari; di indebitarsi, quindi, per sostenere una spesa improduttiva che attenta ad un benessere faticosamente raggiunto.
Va notato, in vero, come il controllo quantitativo della spesa, a prescindere da considerazioni qualitative, calza perfettamente con una visione del mondo (quanto mai attuale) propria del burocrate e non certo dello statista.

4) Il ricorso al debito ne aumenta il costo a causa dall’aggravarsi del rischio di insolvenza (mancato pagamento del debito); più moneta in circolazione comporta maggiore inflazione, mentre all’ampliamento dell’indebitamento statale segue un rialzo dello spread.

Quest’ultimo punto, di estrema importanza per la comprensione della tesi finale del presente articolo, contrasta con la notizia riportata in apertura.
Infatti, i continui salvataggi della bce, da anni impegnata a puntellare un sistema economico in rapido disfacimento, avrebbero dovuto provocare (come inizialmente temuto dallo stesso Draghi) un aumento dell’inflazione. Anche la crescita fuori controllo del debito degli stati europei è accompagnata da “spread” tutto sommato contenuti rispetto agli effettivi rischi d’insolvenza.
Questa euforia di facciata, celebrata anche da singolari performance azionarie, nasce da una sorta di autoreferenzialità del debito che, oramai, si espande soltanto per sostenere se stesso.
Basta riflettere, a riguardo, sulle centinaia di banche salvate dagli stati; di come, cioè, l’insolvenza di un privato sia diventata pubblica.
Questa situazione, perpetrata sino all’ufficioso default della Grecia, ha imposto l’intervento di alcune banche centrali che hanno dovuto comprare il debito degli stati stampando moneta: sono anni che “sostituiscono debito con altro debito per alimentare il debito” privando, da un lato, l’economia di risorse deputate al suo rilancio e contribuendo, dall’altro, al suo strangolamento.
Il debito delle banche viene acquistato dagli stati e quello degli stati dalle banche. Quando le cose si mettono male, invece, arriva il turno delle banche centrali che stampano tutto il denaro necessario per alimentare uno stantio giochino contabile :
l’inflazione, dunque, cala perché il denaro della bce, lungi dal finanziare l’economia, finisce nei caveau degli istituti di credito, mentre gli spread scendono grazie ad un artificioso riacquisto del debito volto a rimandarne all’infinito la sua riduzione.
Per contro, i costi di questo “limbo sistemico”, tenuto in piedi per tutelare fallimentari classi dirigenti, sono sostenuti dal lavoro di ignari cittadini sui quali, oltre a pesare una tassazione iniqua, grava il peso di scellerati tornaconti politici.
Senza mezzi termini, siamo in presenza di una colossale attività di saccheggio che, grazie all’utilizzo FRAUDOLENTO del debito, trasferisce la ricchezza di milioni di novelli sudditi nelle “casse” di élites parassitarie.

Massimiliano Miceli

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