Pensiero Nuovo

aprile 14th, 2014
“Cartapreziosa”

image

Negli ultimi tre interventi, logica conseguenza l’uno dell’altro, si è inteso dare una rappresentazione diversa (da quella solita) al tema del debito. Affrontato, inizialmente, sotto un profilo che definirei “psicologico”, si è passati all’analisi della causa da cui origina fino all’esame delle possibili soluzioni.
Volutamente, come forse qualcuno avrà notato, non è stato affrontato il ruolo svolto dalle banche centrali.
Le notizie di questi giorni, invece, hanno fornito una ghiotta occasione per completare (e questa volta prometto definitivamente) le considerazioni precedenti.
Riprendiamo, allora, un interrogativo cui non era seguita una risposta:
“Qual è il profitto delle banche centrali?”
Nel gergo economico, questo importantissimo Attore può definirsi “prenditore di ultima istanza”.
Vuol dire, cioè, che rappresenta l’ultimo “baluardo” a difesa del sistema liberale poiché può risolvere qualunque problema di solvibilità di mercati e degli stati stampando denaro.
Tuttavia anche questo meccanismo rappresenta una forma d’indebitamento (alla rovescia) che può essere spiegato con la seguente riflessione:
in principio, l’economia fondata sul baratto limitava ogni tipo di scambio perché condizionato dalle reali necessità dei contraenti rispetto alle prestazioni offerte. L’utilizzo delle prime monete, invece, contribuì a sviluppare il commercio grazie all’invenzione di un mezzo di pagamento universalmente accettato sebbene limitato alla quantità di metalli preziosi disponibili.
Quest’ultimo aspetto fu risolto con l’introduzione della banconota che, priva di qualunque valore oggettivo, è stampata “a debito” in corrispondenza, cioè, di una perdita di credibilità dell’emittente e di potere di acquisto (inflazione).
Uno degli esempi storici più famosi che potrà ulteriormente chiarire il concetto è riferibile alla Germania degli anni venti, quando il governo della repubblica di Weimar, per sostenere un’economia in balia della “grande depressione”, cominciò ad immettere quantità di “carta” eccessive.

“Il Papiermark fu prodotto in enormi quantità: esistevano anche tagli da centomila miliardi di marchi. Centinaia di fabbriche stampavano giorno e notte nuove banconote, francobolli e altri valori con cifre astronomiche. Stamperie statali, regionali, comunali, bancarie e persino private emettevano fiumi di marchi che non valevano il prezzo della carta su cui erano impressi.
Complessivamente, 30.000 persone erano impegnate nella produzione dei circa dieci miliardi di banconote emesse per contrastare l’inflazione, 30 fabbriche producevano la carta e 133 aziende, con 1.783 stampanti, lavoravano giorno e notte per la tipografia del Reich.”
(fonte wikipedia)

Le banche centrali, quindi, immettono liquidità nel sistema (a debito) in cambio di credibilità sino al “punto di collasso” rappresentato, questa volta, “dell’iperinflazione” (una sorta di “stato d’insolvenza” della banca centrale).
Anche in questa circostanza lo schema è sempre lo stesso: l’unica garanzia accettata dai mercati in corrispondenza del “debito monetario” (così come per quello di bilancio) è la reputazione dell’emittente.
Quest’ultima, afferente alla generica capacità di onorare un impegno, coincide, in massima parte, con l’attitudine di una nazione o di un insieme di stati a produrre un reddito adeguato rispetto alle nuove emissioni valutarie.
L’ossessione per la “crescita”, allora, presente in tutte le società ultraliberiste e nelle istituzioni finanziarie mondiali, non da ultime le banche centrali, deriverebbe, in gran parte, dall’esigenza di ripianare debiti GIA’ CONTRATTI (o aumentare quelli in essere).
Nella realtà, il discorso è più complesso perché arricchito da eccezioni che, tuttavia, confermano la regola.
Gli Stati Uniti, ad esempio, riescono a stampare più “carta” rispetto ai valori effettivi dell’economia reale, grazie a “rendite geopolitiche” acquisite nel corso della storia. La Svizzera, per contro, ricorrendo raramente a tale prassi, ha una valuta più “affidabile”, spesso utilizzata come “bene rifugio” dagli investitori.
In linea teorica, però, l’importo nominale della “massa monetaria circolante” dovrebbe essere pari alla ricchezza prodotta. Del resto, ogni strumento di pagamento rappresenta un “surrogato” di una prestazione lavorativa e, pertanto, dovrebbe coincidere con il valore di quest’ultima.
Siamo arrivati al punto del discorso: ogni volta che una banca centrale “aziona le sue rotative” riduce il controvalore del lavoro prodotto (inflazione) e costringe la collettività ad una maggiore produttività per recuperare “reputazione”.
La moneta, dunque, “appartiene al popolo” ma viene gestita da qualcun altro che, ad ogni iniezione di liquidità, sottrae parte della “ricchezza” di tutti.
Proprio in virtù di queste considerazioni, allora, dovrebbe suscitare profonda indignazione l’atteggiamento di una Bce più propensa a salvare i bilanci delle banche invece che tutelare i correntisti; a sostenere i conti degli stati piuttosto che servire la collettività!
Sembrerebbe, come già dedotto quando si è parlato del debito, che, per l’ennesima volta, un interesse pubblico sia costantemente sacrificato in nome di un fine privato.
Contestualizzando le premesse alle cronache degli ultimi giorni non sembra un caso, quindi, che alla schiacciante vittoria del Fronte Nazionale in Francia, testimonianza della recrudescenza di formazioni antieuropeiste e all’imminente tornata elettorale in Grecia, fosco dejà vu di una “tragedia” già vissuta, abbia fatto seguito uno storico “cambio di rotta” da parte di Mario Draghi.
Il governatore, infatti, incassando l’appoggio dei “teorici del rigore” della Bundesbank, ha ipotizzato un “quantitative easing” (stampa di denaro sul modello della Fed), per un valore pari a 1.000 miliardi di euro, motivato dal PROLUNGATO periodo di bassa inflazione che, proprio perché tale, rende sospetta la tempistica della scelta.
Rispondendo all’interrogativo in sospeso, dunque, la “ciambella monetaria” che allenterebbe “l’austerity” promossa dalle impopolari istituzioni europee, sembrerebbe un espediente per compattare il CONSENSO verso un sistema di potere minacciato che, per sopravvivere, persiste in ciò che sa fare meglio:
……………………il D E B I T O!

Massimiliano Miceli

(se vuoi essere aggiornato sulle pubblicazioni di pensieronuvo, clicca mi piace sulla pagina Facebook)

One thought on ““Cartapreziosa”

  1. Pingback: Recovery Italia « Pensiero Nuovo

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>