Il mondo è sconvolto dal terrorismo islamico.
A far più paura sono i cosiddetti “lupi solitari” che sotto la bandiera dell’Isis compiono stragi devastanti.
Il network del “male” è molto insidioso: su internet si moltiplicano siti e messaggi inneggianti la jihad , conditi da suggerimenti su come provocare più danni possibili.
Al tutto contribuisce l’insufficiente controllo delle frontiere (per evitare rallentamenti alla circolazione delle merci) ed un’attività di prevenzione inadeguata (basti pensare che molti degli attentatori erano conosciuti ai servizi segreti di mezzo mondo).
Oasi felice, per il momento, è il nostro Paese che, grazie a due circostanze, rende improbabili possibili attacchi: la prevenzione ed il contrasto al terrorismo internazionale può contare su un’esperienza consolidata, maturata, prima, negli anni di piombo, durante la lotta al terrorismo interno, e , poi, nel contrasto alle mafie. Inoltre (e questo è il punto più scabroso della questione per l’evidenti implicazioni sul tema dell’accoglienza) l’Italia, lontana dal grado di multiculturalità di altre nazioni dove, guarda caso, il fenomeno terroristico è più virulento, offre un substrato sociale all’interno del quale diventa difficile operare per gli aspiranti terroristi. La prevalenza autoctona della società italiana priva la “jihad” della necessaria logistica e mitiga, più che altrove, l’effetto sorpresa frutto della “mimetizzazione sociale” dei suoi militanti.
Infatti, a differenza della Francia, del Belgio, dell’Olanda, dell’Inghilterra, ipotetici attacchi giungerebbero da immigrati, tutt’al più rifugiati; giammai da cittadini perfettamente “integrati”, nati e cresciuti nel contesto a cui si “ribellano”. In questi paesi, pertanto, sarebbe più opportuno parlare di terrorismo interno e mutuare l’esperienza italiana nel contrasto alle brigate rosse.
Tuttavia , l’esempio riportato mira a sottolineare tutt’altra conclusione rispetto a quanto sembrerebbe:
Il fallimento delle politiche di integrazione ha portato alla ghettizzazione di intere etnie, recluse nell’ambito di quartieri ad hoc, come le banlieue parigine dimostrano.
Da esse molti giovani, di solito ventenni, decidono di combattere in nome di una bandiera, di un ideale , di una visione del mondo che lo stato che li ha “accolti” non è stato in grado di fornire: non avendo ricevuto una buona ragione per vivere, ne cercano, almeno, una valida per morire!
Dalla Russia , invece , arriva il blue wawe, sinistro “gioco” on – line, che vede , al termine di una serie di “prove”, dettate da un tutor, il suicidio del partecipante, di solito giovanissimo, rigorosamente filmato e postato sui social.
Le cronache di questa nazione hanno riportato alla ribalta anche un altro preoccupante fenomeno sociale: la diffusione della crocodile drug, una delle più terrificanti droghe mai esistite: l’assunzione della desomorfina (nome scientifico del principio attivo), infatti, porta alla progressiva scarnificazione dei corpi trasformando i tossicodipendenti in zombie (da qui anche conosciuta come droga dello zombie) .
Qualche tempo fa, invece, a far rabbrividire l’opinione pubblica fu un fatto di cronaca avente ad oggetto il sequestro di un ragazzo, a Roma, seviziato a morte dai suoi aguzzini.
Risparmiando la ricostruzione alquanto disturbante delle dinamiche, i responsabili, tempestivamente arrestati e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti , dichiararono agli inquirenti di aver agito per noia.
Questi fatti , apparentemente indipendenti tra loro, eccetto per la giovane età dei protagonisti, sono legati da una sottile linea rossa che, dal mio punto di vista, traccia il profilo di una nuova generazione cresciuta all’ombra del nulla: senza un Dio, senza ideali, senza educazione, senza cultura, senza interessi.
La società moderna, del resto, ha privato gli uomini di buona parte dei pilastri fondamentali a cui aggrapparsi, specie nei momenti di difficoltà e di crisi.
Tale aspetto, triste e doloroso per chiunque viva questi tempi di grande pochezza e confusione, può assumere contorni tragici nei più giovani (da qui si spiegherebbero la similitudini anagrafiche dei protagonisti di tali vicende) che, frustrati dalla difficoltà di riconoscersi in un sistema di valori universali e condivisi, adottano modelli e comportamenti della subcultura contemporanea divulgati, spesso, nel (dark) web.
D’altronde l’identificazione del singolo in un gruppo o comunità, in valori ed ideali, è, da sempre, elemento caratterizzante di intere generazioni, talune, più di altre, vittime dei “cattivi maestri” che imperversano laddove i riferimenti etico-culturali sono più sfocati (o del tutto inesistenti).
Così dunque, il sistematico smantellamento di alcuni presidi sociali, che nell’ASSOCIAZIONISMO religioso, politico, sportivo, culturale, rappresentavano un formidabile argine alle derive sociali, ha prodotto simili orrori.
Allora, secondo questa ricostruzione, gli adolescenti russi si lascerebbero morire per assenza di interessi mentre i ragazzi di Roma avrebbero ucciso perché privi di valori. Quelli dell’Isis, più “fortunati” degli altri, vanno incontro al martirio infarciti di precetti pseudo religiosi e surrogati ideologici, raccattati in rete, mutuati dalla becera cultura fondamentalista.
Non badate tanto alle storie in se. Nel corso degli anni potranno trovarsi (forse) vicende analoghe che potrebbero rincuorarci del fatto che certe degenerazioni esistono da sempre. Ciò che colpisce, invece, oltre alla diffusione dei fenomeni, sono le modalità con cui vengono perpetrate certe azioni che sfuggono alla comprensione, persino alla semplice utilità, animate da una efferatezza assoluta: la morte diventa rimedio alla noia e la sua spettacolarizzazione offre la notorietà a lungo cercata. La bandiera nera dell’ignoranza e della violenza gratuita e fine a se stessa, rappresenta, per alcuni, l’unica alternativa ad una società cinica, immutabile ed alienante. Persino la droga deve garantire la sua dose di terrore (come se non bastasse il baratro che già assicura).
Il materialismo contemporaneo ha partorito la sua ultima aberrazione: “la generazione morte”
Massimiliano Miceli